L’Abruzzo a tavola a Natale

L’Abruzzo a tavola a Natale

Il Natale a tavola in Abruzzo

Buongiorno a tutti e a tutte! Il Natale si avvicina e anche qui a ita_ecco vogliamo parlarne un po’! E siccome io sono una fiera abruzzese, voglio parlarvi del Natale in Abruzzo e soprattutto di quello che portiamo in tavola in questi giorni di festa! Piccola premessa: come sapete, in Italia ogni città e perfino ogni paese ha le sue tradizioni culinarie e le sue ricette di cui rivendica l’origine. Io vi parlerò di quello che solitamente facciamo a casa mia, ma cercherò anche di raccontarvi quello che succede nelle altre cucine abruzzesi.

Allora, pronti a sentire l’acquolina in bocca? Si parte!

Cominciamo col dire che in tutta Italia festeggiamo sia il 24 sera che il 25 a pranzo e che la cena della Vigilia di Natale (appunto, il 24) è rigorosamente senza carne, quindi si mangia il pesce. Nei tempi antichi si era soliti mangiare piatti poco elaborati, perché era un giorno di attesa, e nella tradizione cristiana i giorni di attesa sono di digiuno o di magro. Un esempio di cena “alla vecchia maniera” sono gli spaghetti con le alici o con il tonno e le verdure di campo, quindi verze, cavoli, cicoria. Ovviamente poi il baccalà fritto in pastella.

Baccalà messo a dissalare

Oggi la cucina è più articolata, perché ci sono più soldi da spendere e perché si è sviluppata una cultura del cibo. Quindi il condimento per gli spaghetti, o gli altri tipi di pasta, è costituito da pesci assortiti: calamari, panocchie, seppie (anche come secondo, ripiene)…ma, come dicevo prima, il baccalà cucinato in vari modi è di rigore: può essere impastellato e fritto, cotto al sugo, con le patate e le olive…

Comprare il baccalà per Natale è esso stesso un rituale. Per chi non lo sapesse: bisogna comprarlo qualche giorno prima, metterlo a dissalare, cambiargli l’acqua ogni 12 o 24 ore…insomma, il processo è lungo. In realtà, nel mio paese, Goriano Sicoli, un altro pezzo forte della Vigilia è il capitone. È un pesce che assomiglia un po’ a un serpente. Io non l’ho mai mangiato, ma ci sono racconti che circolano in famiglia sulla preparazione di questo capitone e sul rischio che scappi strisciando per la casa.

Il giorno 25 è il pranzo di Natale propriamente detto: a tavola non può mancare il brodo fatto con più qualità di carni, arricchito con il cardone, che è una pianta, la stracciatella di uova e formaggio e le polpettine di carne. Ricordo che, quando eravamo più giovani, io e miei cugini non volevamo mangiare il brodo vero e proprio di nonna, perciò lei era costretta a fare anche i tortellini, sempre in brodo (che però non sono un piatto abruzzese). Mia nonna faceva anche la lasagna, e credo che si faccia in molte case.

Come secondo, seguono il tacchino arrosto con insalata, verdure o patate. A piacere serviamo anche il bollito con i sottaceti.

Come dicevo, questo è quello che succede a casa mia. Nelle zone del teramano, per esempio, credo che si mangino le scrippelle ‘mbusse o il timballo di scrippelle. Però non proseguo, perché non ne sono sicura.

Ma adesso, passiamo alle cose serie: i dolci! I dolci sono la mia parte preferita del Natale, e mi piace molto prepararli con mia mamma!

I primi da citare sono i cacionetti o, in dialetto li cavciuntt. Dei piccoli dolci fritti e farciti come dei ravioli, in vario modo. A casa mia si fanno con la purea di ceci condita con cioccolata, rum, bucce d’arancia e limone, mandorle arrostite e tritate, cannella…ogni famiglia ha la propria ricetta. Da altre parti, al posto dei ceci si usa la purea di castagne. Lo so, all’orecchio dei profani questo ripieno può suonare bizzarro, ma vi assicuro che il risultato è eccezionale. Solo a pensarci mi viene fame! In ogni modo, i cavciunitt possono essere farciti anche con la scrucchiata, ovvero la marmellata d’uva fatta in casa, sempre arricchita con altri ingredienti.  Piccola parentesi: la scrucchiata è buona in ogni momento dell’anno e oggi è forse uno dei miei ingredienti dolci preferiti in assoluto.

Ma andiamo avanti: un altro dolce abruzzese tipico del Natale è il parrozzo. Il parrozzo è fatto con farina di mandorle, semolino, uova e zucchero, ricoperto con uno strato generoso di cioccolato fondente fuso. Il parrozzo ha un’origine interessante e letteraria e merita un podcast a sé, in più, da qualche anno, l’ho eletto come mia torta di compleanno. Quindi prometto che ci ritornerò.

Tra le altre leccornie abbiamo le mandorle coperte di zucchero, detti sassi d’Abruzzo o mandorle atterrate.

Non da ultimo, nell’aquilano c’è il torrone fatto con tanto miele, nocciole, zucchero, cacao, albumi e ostia per la copertura. Il torrone dell’Aquila per me è molto buono, è cioccolatoso nella giusta misura…potrei mangiarlo per intero.

Insomma, queste sono le nostre abitudini o tradizioni natalizie. Certamente anche noi compriamo la nostra dose di pandori e panettoni, ma i cibi della tradizione hanno un sapore diverso, in più.

Vi ho fatto venire fame? Fatemi sapere quale cibo vorreste provare, scrivetemo nei commenti, e non dimenticate di ascoltare la puntata del podcast! Grazie per avermi ascoltata e alla prossima!

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